Dai pennuti ai maiali, il passaggio è stato rapido. Un "virus" si è diffuso rapidamente, dagli animali verso l'uomo, tramite giornali, televisioni e siti internet: prima l'aviaria, ora la febbre suina, ecco un'altra "epidemia" mediatica. E gli untori sono sempre loro (o noi), i giornalisti. Con il supporto dell'Organizzazione mondiale della Sanità e delle ditte farmaceutiche, si sta costruendo l'ennesimo allarme. La febbre suina è stata paragonata alla temibile Spagnola di inizio '900, con la semplice differenza che è passato un secolo e la medicina è radicalmente evoluta.
Per comprendere quanto sia campata in aria l'intera vicenda basta guardare alle vittime: 8 casi accertati in Messico. Ogni anno sono centinaia le vittime per complicazioni causate dalla normale influenza, quella comune, che viene affrontata da molti con i rimedi della nonna e non con mobilitazioni mondiali.
E la gara della "media dramatization" si gioca tutta fra Londra e Washington. Ma gli americani, per ora, hanno la meglio. Basta guardare il video della famiglia minacciata dal virus mortale, che parla in diretta alla Cbs:
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